Il vino italiano: un fenomeno unico

  • Il vino italiano: un fenomeno unico
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Daniele Cernilli

di Daniele Cernilli

Basterebbe solo citare alcune cifre perché appaia chiaro quanto il comparto vitivinicolo italiano sia un caso unico al mondo. Sarebbe sufficiente ricordare come da noi esistano più o meno 800 varietà autoctone di vite, più che nell’intero resto del pianeta. O che fra Doc, Docg ed Igt, ci siano oltre 500 diverse denominazioni, con alcune di queste che costituiscono una sorte di contenitore per decine di sotto tipologie. O, ancora, che i circa 700.000 ettari di vigneto italiano, che coprono un territorio grande più dell’intera Liguria, sono di proprietà di oltre 800.000 fra persone fisiche e società, con una media di meno di un ettaro a testa, con una polverizzazione che non ha uguali in nessun altro paese. E che tutti costoro producono uve che vanno a costituire la base produttiva di oltre 25.000 aziende vinicole, che mettono sul mercato centinaia di milioni di bottiglie ogni anno, con una percentuale di esportazione che è la prima del mondo per quantità e per fatturato. Da questo breve ed iniziale identikit appare chiaro come il vino sia un elemento fondamentale per il settore agroalimentare italiano e quindi il made in Italy, con quasi 10 miliardi di euro di fatturato, con una produzione diffusa su gran parte del territorio nazionale (non c’è neanche una provincia che non sia toccata da una denominazione), con il coinvolgimento di larghe fette di popolazione, che nel periodo vendemmiale, quando in un paio di mesi si raccolgono dai 60 ai 75 milioni di quintali di uva, possono superare il milione di unità. Questi numeri, questi dati, impressionanti se letti uno di seguito all’altro, costituiscono l’emblema della straordinarietà del fenomeno vino in Italia, e lo proiettano, insieme alla Francia, nel Gotha mondiale della vitienologia. Ma questo è un discorso generale, macroeconomico. Se si scende nel particolare, se si analizzasse, per esempio, il settore più rappresentativo ed economicamente più rilevante, quello dei vini di alta qualità, si assisterebbe al fatto che nella penisola e nelle isole il 10% della produzione rappresenta il 40% circa del fatturato, con una redditività assolutamente anomala per il mondo agricolo. Tanto da permettere di poter definire questo settore del comparto con il neologismo di “primario avanzato”, proprio per le sue analogie con alcuni settori del terziario. Insomma, si potrebbe persino dire che il vino italiano di qualità sta all’agroalimentare come la moda sta all’industria tessile, e persino certe dinamiche di griffe si assomigliano. Lo stile, la personalizzazione dei prodotti, persino un certo gusto per la spettacolarizzazione degli eventi, legano il mondo del vino a quello della moda, Gaja ad Armani, Sassicaia a Valentino. Come anche la consapevolezza che stilisti e viticoltori hanno del fatto di lavorare per dare piacere e status symbol al pubblico, non prodotti di prima necessità. In Italia tutto questo è anche condito con un senso e una ricerca di autenticità, di territorialità, di valore simbolico. E il vino diventa emblema delle sue origini, rappresenta i luoghi dai quali proviene, diventa altro da una semplice bevanda. Soprattutto in una nazione come l’Italia, così legata alle culture locali, aspetti dei quali vino e tradizione culinaria sono colonne portanti. E proprio da quella polverizzazione, apparentemente fragile, viene fuori invece la grande ricchezza, la grande diversità che fanno dei vini italiani qualcosa di irripetibile, di non globalizzabile e di assolutamente godibile. E’ facile perciò dire che fra i tanti vini italiani c’è sicuramente quello che vi piacerà. Potrebbe essere un elegante Chianti Classico, un aristocratico Barbaresco, un avvolgente Amarone, ma anche un semplice e delicato Soave, un fragrante Asti, o un fruttato Fiano d’Avellino. Tutti da bere senza troppi formalismi, come in terra italica si fa normalmente da secoli, anzi millenni. Perché per gli italiani il vino è qualcosa di consueto fin da bambino, al pari del pane e dell’olio d’oliva. E proprio per questo i vini costosi non sono moltissimi in Italia. Molti, ma molti di più quelli che costano in modo ragionevole, e proprio in questo campo l’Italia non teme confronti, sia per qualità sia per varietà di offerta. Insomma, da tutto questo sembra uscire il ritratto di una delle più importanti terre da vino del mondo. Anche più di quanto normalmente non si pensi. A smilimg people that makes smiling wines.

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