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Braida

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Biography

Foto di Braida

La storia dell’azienda Braida si identifica con l’avventura personale di uno dei più straordinari personaggi del mondo del vino, Giacomo Bologna. Cento chili e più d’irresistibile simpatia, una carica travolgente d’umanità, mascherata di sorridente ironia, un’esuberante forza vitalistica. A 16 anni aveva ereditato dal padre, morto prematuramente, un bel vigneto in Rocchetta Tanaro e, di diritto, il suo soprannome, Braida. Grazie forse a quel vigneto nutriva una fiducia illimitata nella varietà di vite più diffusa in Piemonte, quella di barbera, ancorchè fosse considerata volgarotta e plebea. Ma il vino che ne aveva tratto lui, il Bricco dell’Uccellone, era tutt’un’altra cosa. “Simile al suo patriarca Giacomo Bologna”, ha scritto il giornalista Burton Anderson, “questo Barbera invecchiato in barrique che prende il nome da una vigna sopra Rocchetta Tanaro a est di Asti é smisurato, forte, caldo, generoso, carico di fantasia e di temperamento e tuttavia convincente al primo assaggio, e certo di superare la prova del tempo”. Giacomo Bologna lo aveva progettato dopo un viaggio in California e dopo un incontro con Andrè Tschelitscheff, l’enologo americano d’origine russa ch’era considerato il più grande esperto del mondo nell’uso delle barriques. Queste esperienze lo avevano convinto che proprio la Barbera (lui la chiamava così, al femminile, come tutti i piemontesi), tanto povera di tannini e tanto ricca di acidità, avrebbe potuto raggiungere, con una lunga permanenza nella piccola botte da 225 litri in rovere del Massiccio Centrale francese, quell’aristocratico rango che nessuno era disposto, allora, a riconoscerle. E aveva ragione: presentato al Vinitaly nel 1985, il Bricco dell’Uccellone 1982 ottenne un successo leggendario, grazie al quale la Barbera é entrata per la prima volta nel club internazionale dei grandi vini di nobile schiatta. Come suo padre, é scomparso troppo presto, Giacomo Bologna, ma la sua azienda, la Braida, ha continuato il suo cammino sulla strada del successo. La gestiscono sua moglie Anna, da sempre amministratrice dell’impresa familiare, e i due figli: Beppe, enologo, e Raffaella, esuberante come il padre e come lui con il marketing nei cromosomi. Dal 1991 essi hanno deciso di imbottigliare una nuova Barbera, che Giacomo aveva progettato e seguito fino alla vendemmia, poco prima della scomparsa. E l’hanno battezzata con l’esclamazione che gli era sfuggita quando aveva assaggiato il mosto: “Ai Suma”. Tre sillabe che significano: “Ci siamo!”.

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